7 December 2023
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Il volo della martora di Mauro Corona (Autore), Claudio Magris (Prefazione) 4,5 4,5 su 5 stelle 279 voti Visualizza tutti i formati ed edizioni 9 ottobre 1963, ore 22.39: 270 milioni di metri cubi di terra e roccia si staccarono dal monte Toc e precipitarono nel lago formato dalla diga del Vajont, sollevando un’onda alta 70 metri che spazzò la valle, travolgendo boschi, case, vite umane. I morti furono quasi duemila. Insieme alle loro esistenze andò perduto un intero mondo, un mondo che rivive in queste pagine grazie alla voce di Mauro Corona, appassionato cantore delle sue montagne, all’epoca della tragedia poco più che un bambino. Ventisei racconti che insieme dipingono in un grande affresco le vicende di uomini e donne semplici, ma anche di animali, di alberi e di rocce: «storie brevi, in cui il tempo e lo spazio si dilatano, sino ad abbracciare lontananze remote, odissee di personaggi sanguigni e irregolari, nomadi dell’anima eppure tenacemente fedeli al ricordo di un luogo, a un dettaglio, a un gesto, a un sentimento, provato una volta e per sempre», come li ha definiti Claudio Magris. Prefazione di Claudio Magris.

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Previous post L’ultimo sorso. Vita di Celio di Mauro Corona (Autore) 4,5 4,5 su 5 stelle 1.421 voti Visualizza tutti i formati ed edizioni Rocciatore, taglialegna, scalpellino, minatore, apicoltore: chi è Celio? “Un niente” risponde lui, un semplice signor nessuno di un paesino sulle Alpi che è terra di nascita dell’autore. È lui a far rivivere Celio, a strapparlo all’oblio per renderlo personaggio vero, sfuggente, pulsante di idiosincrasie e contraddizioni. Insofferente alle persone fino alla misantropia, il protagonista si rifugia in se stesso, nell’ermeticità del dialetto ladino e nell’abbraccio ambiguo dell’alcol, che lo stringerà per tutta la vita, fino al delirio e alla morte. In Celio, conosciuto durante la problematica infanzia e quarant’anni più vecchio di lui, l’autore troverà un inaspettato mentore, una protezione dalle violenze perpetrate dal padre, una via d’accesso privilegiata ai misteri e alla saggezza della natura, rivelatasi solamente per lui. Nel racconto, Mauro Corona si riscopre bambino, mettendo nero su bianco le parole – sempre misurate, mai lasciate al caso – dell’anziano amico e compagno di bevute, alla ricerca delle radici di un male di vivere sempre scacciato e mai sopito, nel duro e apparentemente impenetrabile cuore da montanaro. Una scrittura aspra, nervosa e autentica al pari del protagonista di questo romanzo, dietro le cui vicissitudini si legge in controluce l’autobiografia dell’autore, vero alter ego di Celio e solo testimone di un’esistenza che si fa simbolo di una terra sospesa nel tempo, in cui la solitudine, portata su di sé come una croce, sembra l’unico rimedio al contagio della miseria e del dolore. Le uniche leggi e autorità riconosciute sono quelle della natura, al contempo madre e matrigna. Come il vecchio accendino a benzina, ereditato dal maestro, l’allievo tiene viva la fiamma del ricordo e fa luce sul potere dell’amicizia, rara e inafferrabile ma capace di farsi salvifica nell’ostilità e nell’indifferenza del mondo.
Next post Le voci del bosco di Mauro Corona (Autore) 4,3 4,3 su 5 stelle 284 voti Visualizza tutti i formati ed edizioni “Mauro Corona ci prende per mano e ci accompagna in una passeggiata attraverso i suoi boschi. Dalle pagine di questo piccolo libro, e dai disegni dell’autore che le arricchiscono, impareremo così che ogni albero, come noi, ha una struttura fisica, un carattere, una spiccata inclinazione. Accadrà che ci riconosceremo nell’elegante betulla, nel generoso cirmolo o nella tenacia dolente dell’ulivo nodoso. E ci capiterà anche di scoprire che ogni legno ha una sua “vocazione”, che ogni essenza da il meglio di sé solo in alcune circostanze e per alcuni usi particolari. L’acero, per esempio, che può essere tagliato solo in una certa direzione “perché è un legno bello, elegante, ma di facciata”; oppure il maggiociondolo, utilizzato da secoli per le spine delle botti e i pali delle vigne perché l’alcol, a differenza di ciò che fa con gli uomini, non riesce a distruggerlo. Se, silenziosamente attratti dalla profonda umanità della natura, lasciamo le nostre città, facciamo silenzio, e sotto la guida di Mauro Corona ci addentriamo nel bosco, queste e molte altre saranno le sorprese che incontreremo…”
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