7 December 2023
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Il 9 marzo 2020, mentre l’Europa barcolla sotto i colpi della pandemia, al riparo dell’abbazia di Westminster qualcos’altro si sta sgretolando: la storia di una monarchia millenaria. È una cerimonia apparentemente come tante, l’annuale Commonwealth Day, ma gli sguardi corrucciati dei membri della famiglia mostrano al mondo che la battaglia di Harry e Meghan per sottrarsi agli obblighi ufficiali è giunta ormai al suo drastico epilogo. Quella, è stato deciso, sarà l’ultima occasione pubblica a cui presenzieranno, prima di rinunciare definitivamente al titolo di Royal. Ventidue anni prima, quando William e Harry assistevano solenni al funerale della madre, la tragica sventura di Carlo e Diana sembrava solo una singola, dolorosissima crepa, giunta a incrinare lo splendore di casa Windsor. Ma come in ogni racconto che si rispetti, la più piccola crepa rischia di allargarsi, e farsi rovina: sarebbe arrivato il tempo dei capricci di William, eterno indeciso fra Kate Middleton, commoner senza titoli che avrebbe poi sposato, e mille altre ragazze; della vita disordinata di Harry, divisa fra la passione per i locali notturni e il desiderio di combattere per il suo paese; fino all’arrivo di Meghan Markle, che considera la nobiltà come una specie di notorietà allargata, di cui cogliere i benefici ma rifiutare i doveri, l’esatto contrario del magistero di Elisabetta. C’è una sottile ironia, in questo. La storia della possibile successione al trono di Elisabetta, la più longeva sovrana della monarchia inglese, è segnata soprattutto dalle ambizioni, dal carattere, dalle volontà contraddittorie ed esplosive delle donne che hanno affiancato i legittimi eredi, Carlo prima e William e Harry poi. Vittorio Sabadin ricostruisce così il passato e il presente di questa Guerra dei Windsor tutta al femminile, arrivando fino agli ultimi scontri, sempre meno taciuti e sempre più lontani dallo stile regale e dalla riservatezza che contraddistinguevano la casata. Se già William e Kate sembravano destinati a un futuro più borghese, pur senza perdere l’identità istituzionale, la decisione di Meghan e Harry sconquassa alle fondamenta la monarchia, assestando un colpo tremendo a una famiglia già provata da mille dolorose vicende e dallo scorrere, impietoso, del tempo.

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Previous post Il 28 agosto 1996, giorno in cui il divorzio reale venne ufficializzato, aveva segnato per Diana l’inizio di una nuova vita. La «principessa triste», schiacciata dal peso della monarchia, che meno di un anno prima aveva confessato pubblicamente la sua fragilità e rivelato i tradimenti del marito, si era trasformata in una persona radiosa, più consapevole, genuinamente interessata alle sorti dei più deboli, decisa a difendere il rapporto con i figli e il suo diritto alla felicità. Un simbolo di bellezza e sensibilità, che oscurava l’immagine della Corona inglese; il personaggio più appetibile per quei fotografi e reporter che avranno un ruolo non secondario nella sua drammatica fine. Il racconto di Antonio Caprarica prende le mosse da qui, con l’intento di restituire Diana alla sua storia: quella autentica, privata, che la frenesia dei media ha sepolto sotto improbabili rivelazioni, teorie complottistiche e gossip. Il rapporto con il medico pakistano Hasnat Khan – l’unico uomo che non tradì i segreti e le confidenze della principessa -, le campagne umanitarie, le ultime vacanze con i figli, l’incontro con Dodi al-Fayed: i pochi mesi che precedono lo schianto sotto il tunnel dell’Alma, a Parigi, ricostruiti in una narrazione dal ritmo e dalle immagini cinematografiche, mostrano una donna sempre in bilico fra ingenuità e astuzia, generosità e attaccamento ai privilegi. Una donna inquieta ma piena di vita, che con le sue scelte ha lasciato un segno evidente nella storia di una nazione e, a vent’anni dalla scomparsa, continua a esercitare il fascino e la suggestione dei miti.
Next post Quando nel settembre del 1980 il reporter James Whitaker arrivò con due fotografi sulla sponda del fiume Dee, a Balmoral, non aveva idea di che cosa lo aspettava. Fece appena in tempo a scorgere la giovane ragazza bionda che accompagnava il principe Carlo nella sua battuta di pesca: sentiti dei rumori in lontananza, la ragazza si nascose rapida dietro un albero, utilizzando uno specchietto da cipria per controllare i loro movimenti. Whitaker, sorpreso dall’astuzia, disse agli altri due: «Questa ci darà filo da torcere. Ma chi è?». Lady Diana Spencer avrebbe poi dato “filo da torcere” a tutti: al principe Carlo, alla regina Elisabetta, alla monarchia e all’intero popolo del Regno Unito, che d’improvviso si trovò a dover reimmaginare il proprio rapporto con la famiglia reale. Dopo secoli di misteri, corridoi silenziosi e finestre chiuse, di vicendevole riservatezza ed estremo rispetto, la tumultuosa e romanzesca storia d’amore tra Carlo e Diana infiammò il paese, dai primi giorni apparentemente felici del fidanzamento alla guerra domestica (e mediatica) che avrebbe segnato la fine di quel matrimonio da fiaba celebrato in diretta televisiva di fronte a milioni di persone. Oggi, a vent’anni dalla tragica morte nel tunnel dell’Alma, a Parigi, siamo convinti di conoscere tutto di questa storia. Ma l’immagine di Diana, complici i mass media, è stata ridotta troppo spesso alla banalità del santino: amica di Madre Teresa, testimonial attiva per associazioni umanitarie e campagne per la prevenzione dell’AIDS, la “principessa del popolo” sarebbe stata, secondo copione, amata con trasporto e passione dai sudditi, detestata dalla regina, vessata dalla stampa, tradita e mortificata dal marito, immolata come simbolo di una vita libera e coraggiosa schiacciata dalla crudeltà delle istituzioni e della storia. Ma Diana era molto di meno e molto di più. Aggirando i luoghi comuni e le partigianerie, Vittorio Sabadin penetra con acume quegli occhi tristi e distanti, restituendoci un ritratto inedito della “candela nel vento”, libero dalla mitologia posticcia, distante dagli scandali e dalle foto patinate, sfaccettato, finalmente controverso e, per questo, umano.
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